di Giancarlo Grassi
Mostrano i muscoletti, per ora. Poi verranno i manganelli? Certamente non c’ha fatto una gran figura la Lega di Salvini e di governo, stretta alleata di Meloni in ogni sua avventura e promessa non mantenuta, attaccando Mattarella il 2 giugno colpevole, secondo le menti semplici leghiste che si rivolgono a semplici menti leghiste, di avere detto nel suo discorso la verità: cioè che dall’Europa non si torna indietro (anche perché non c’è scelta con 3mila miliardi di debito pubblico che costa oltre trenta miliardi di interessi al mese) e di avere ricordato che il diritto europeo prevale su quello italiano. Questo in soldoni.
Troppo complicato per le menti semplici leghiste che si rivolgono a semplici menti leghiste, bisogna buttarla in vacca. E vai! Lo fanno subito, invocano le dimissioni di Mattarella (la settimana scorsa andavano a Tagadà a perculare il M5S che aveva chiesto le dimissioni di Mattarella); è un leghista tra i tanti, il primo a provocare la scintilla, poi arriva il segretario in caduta libera che si associa alle fiamme che divampano. Meloni tace, non si dissocia, non chiama Mattarella (lo farà in serata e con discrezione, che non lo vengano a sapere i suoi elettori e pare anche strigliato Salvini, ma questi negherà che sia accaduto), ha paura di perdere un voto, ed è nervosa la presidente muscolare perché a furia di telemelonate quando poi, tra poche settimane, dovrà fare una manovra da trenta miliardi vogliamo proprio vedere come la racconta al suo elettorato che ha creduto alle sue promesse da circo.
Poi tutto rientra, ed è l’antico adagio: i leghisti sono stati fraintesi. Nel senso che hanno fatto casino, si è parlato di loro per qualche ora, e ora si può spegnere il fuoco. E Tajani, che non sta sbagliando un colpo a parte il logo col morto, ha dato una lezione di politica a presidente del Consiglio e al suo vice, dicendo appena l’essenziale, riassumibile in una frase da cloaca massima: che cxxxo state dicendo?
(3 giugno 2024)
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