di Paolo M. Minciotti
Lei è sempre quella Giorgia Meloni che non andrà “in Europa con il cappello in mano“, ma intanto ingoia fiele. Almeno così parrebbe se l’inizio della negoziazione sulle nomine UE tra i capi di Stato e di governo dei 27 paesi dell’Ue manterrà il clima iniziare: la presidente del Consiglio, dicono i pettegoli comunisti era immusonita e sul furiosello. Ma di pettegolezzi comunisti si tratta, figurarsi se son veri, lei che è tutta un’armonia col prossimo.
Parrebbe infatti che i nomi sul tavolo delle non-trattive siano rimasti quelli: Ursula von der Leyen, Roberta Metsola al Parlamento Europeo, Antonio Costa al Consiglio e Kaja Kallas Alto rappresentante per la politica estera. Non si sarebbe parlato di Belloni da qualche parte, ma Giorgia Meloni non è certo una sprovveduta e potrebbe decidere per dare il suo aiuto non numericamente decisivo, ma che servirebbe all’attuale presidente per assicurarsi un numero più alto di voti per la sua nomina e a lei, Meloni, di bussare alla porta per un commissario di peso, Elisabetta Belloni. Ma c’è Viktor Orbán che rovina la festa all’alleata che si finge troppo democratica per i suoi gusti, così ne approfitta per suonare la carica dell’unire le forze delle destre europee – quelli che girano con svastiche e altri marchi nazi per Budapest, ci chiediamo – e grida di unire le forze “per combattere contro i burocrati favorevoli all’immigrazione e alla guerra”. Starà alzando il prezzo anche stavolta.
Intanto si attendono sviluppi. Approcci complicati a parte, Meloni è un mastino della politica e non è solita mollare. Dal punto di vista dei numeri, nonostante i proclami è irrilevante, ma è da quello politico che potrebbe giocare le sue carte. Lo sa anche Von der Leyen.
(18 giugno 2024)
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