La sensazione che abbiamo avuto il giorno dopo l’annuncio di Joe Biden sulla rinuncia alla corsa presidenziale, quando le immagini che seguivamo si sono spostate rapidamente da Kamala Harris a Donald Trump è stato che il (fin troppo) battagliero candidato repubblicano che si crede onnipotente fosse invecchiato di trent’anni. Si aveva la sensazione, fino a poco prima, che Trump fosse molto più giovane Biden. Chissà se questa percezione è giusta o sbagliata.
La sensazione è condivisa anche da Matteo Renzi (ne parla in un’intervista a Repubblica dove parla anche di elezioni anticipate) e da altri commentatori politici. E ad essere invecchiati, in un attimo, sono stati non solo gli slogan vuoti di Trump e gli occhi spiritati del suo vice, ma anche i sondaggi. Se prima del I resign di Biden il suo sfidante era in vantaggio, subito dopo c’è stato il ribaltarsi della situazione, soprattutto nei sette stati che determinano le elezioni grazie a quel complicatissimo sistema elettorale che non ha eguali nel mondo. Sondaggi che, va detto, anche dove erano a sfavore di Biden, rimanevano dentro il margine di errore, cioè tra l’1 e il 3%.
Noi non sappiamo come andrà, anche perché non ci andrebbe di fare la figura di commentatori prezzolati che delirano di destini da re e regine di un politico o di un’altra, ma certamente la questione elezioni americane è ora più aperta che mai e il risultato non è mai stato tanto incerto. Questo per sottolineare che più i commentatori prezzolati di cui sopra vanno in televisione a dare per certo il loro verbo, meno vanno ascoltati.
(25 luglio 2024)
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