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Centro o non c’entro? #iolapensocosì

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di Marco Biondi

Rieccoci a parlare dei centristi. Perché direte voi si sente il bisogno di parlare di questi quattro gatti, litigiosi e inconcludenti? Ve lo spiego: l’elettorato centrista in Italia vale almeno un quinto dei voti totali; basta sommare quelli ottenuti alle ultime elezioni politiche dal terzo polo, insieme ai voti di Forza Italia e a quelli di +Europa si arriva già al 19% circa. Se poi ci sommiamo una porzione non indifferente di chi ha votato PD e qualche frangia Cinquestelle, il gioco è fatto. Il 20% è superato alla grande.

Fatto sta però che dai tempi della vecchia DC, non c’è verso che i partiti che dovrebbero raccogliere questo potenziale importante di voti riescano a mettersi d’accordo su una proposta condivisa e credibile. Ci hanno provato una quindicina di politici nell’arco di una trentina di anni, ma niente, non ce la fanno.

I motivi sono diversi: vuoi perché sono posizionati in modo non indipendente, tipo la berlusconiana Forza Italia che essendosi caratterizzata fin dalla sua nascita con un feroce “anti-comunismo” (un comunismo inesistente, ndr) ha sempre escluso possibili alleanze a sinistra, vuoi per incapacità di attrarre voti dei moderati per poca credibilità/popolarità (Toti, Lupi), o per provenienza (Casini), o a causa della feroce reazione da sinistra (Renzi). Fatto sta che l’unica proposta che sembrava poter raccogliere consensi è stata quella del “Terzo Polo” che, dopo un lusinghiero risultato alle amministrative di Roma (20% sfiorato), non ha sfondato alle ultime politiche per poi naufragare (definitivamente?) alle Europee.

La litigiosità tra leader l’ha certamente danneggiata, fomentata, forse, da una volontà di primeggiare (Calenda ha avuto la lista a Roma col suo nome, ma non ha mai accettato l’idea di fare alcun passo indietro a favore di un leader “terzo”), gettando sempre la colpa su chi, invece, quella disponibilità l’aveva data. Calenda di Renzi non si fida, e, probabilmente, capisce di avere capacità politiche infinitamente inferiori. Magari preferisce far fallire il progetto piuttosto che rischiare di esserne successivamente oscurato. Questa è storia recente; il risultato sconfortante delle Europee (entrambi sotto il quorum del 4%), ha portato ulteriore scompiglio tra le fila dei due partiti.

Se vogliamo sintetizzare gli eventi, troviamo un Renzi deluso che, una volta accertata la sconfitta alle Europee, ha dichiarato che l’unica strada percorribile fosse un terzo polo con nuovo nome e nuovi leader; un Calenda che non ha minimamente preso in considerazione la proposta, Marattin che ha deciso di rilanciarla senza aver però avuto disponibilità da parte di Azione e Renzi per, infine, annunciare la sua nuova linea di adesione al campo largo. Come mai questa evoluzione?

Intanto ricordiamo che la destra si è sempre presentata alle elezioni come un blocco compatto e granitico. Tanto divisi su strategia politica, valori, provenienza, tanto uniti nel rincorrere i seggi. Strategia basata sull’attuale legge elettorale che gli si adatta perfettamente e consente loro di ottenere risultati che vanno ben oltre al semplice conteggio dei voti ottenuti. Ricordiamo infatti che la comoda maggioranza di seggi conquistati alle scorse politiche viene da un numero di voti inferiori a quelli ottenuti dalle opposizioni. D’altra parte con una componente maggioritaria importante, se loro presentano un unico candidato espressione della coalizione e si trovano, in quel collegio, almeno tre rappresentanti della sinistra (sinistra, centro, PD con o senza 5 stelle) in competizione tra loro, è ovvio che poi il seggio lo prende la destra.

Quindi Renzi non ha fatto altro che approfittare della disponibilità a rimuovere i veti nei suoi confronti, per annunciare una convinta adesione al progetto del campo largo, mossa che ha spiazzato chi, invece, continuava a sperare in una crescita di un partito di centro, alternativo a destra e a sinistra. Renzi sa bene che, in mancanza di una legge elettorale interamente proporzionale, una proposta centrista non può avere futuro. Marattin invece non l’ha ancora capito.

Resta la critica, comprensibile, di una mossa in autonomia da parte di Renzi, senza attendere che la stessa potesse essere presentata e discussa a livello di partito. Ma certe mosse non possono aspettare; sarebbe bastato che l’apertura di Schlein avesse generato una discussione a sinistra ed ecco che la possibilità di creare un fronte comune da opporre alle destre sarebbe naufragata in poco tempo. Renzi conosce tempi e criticità della politica e ha evidentemente pensato che l’occasione fosse troppo ghiotta per potersela perdere.

Se poi la sua previsione di una nuova proposta politica di estrema destra capitanata da Vannacci, si dimostrerà azzeccata (pare proprio che sarà così), avremo un fronte a destra che s’indebolisce, una Lega che perde consensi e che mette Forza Italia in una posizione di incertezza: mantenere ferma l’adesione al centro destra o ipotizzare un ripensamento? In questo contesto resta da non sottovalutare la posizione degli eredi di Berlusconi, che si ritrovano, ai fatti, ancora ad essere i reali “proprietari” del partito, che dipende dal loro sostentamento economico.

C’è ora la possibilità che il fronte governativo diventi meno granitico. Si dovesse presentare la possibilità di una crisi di governo, non è da escludere che si creino le condizioni per rimettere in discussione gli attuali equilibri. Non tanto con cambi di alleanze (già visti troppe volte in passato), quanto con la creazione di un fronte parlamentare che possa rimettere in discussione la legge elettorale. Tornare al proporzionale puro, riaprirebbe interamente i giochi, consentendo la scelta di alleanze e programmi a seconda delle evoluzioni elettorali ed economiche nel Paese.

Se così fosse, Renzi potrebbe aver generato un capolavoro politico: far naufragare il progetto del terzo polo, per farlo poi rinascere e portarlo al successo. Dopo aver preso atto dell’impossibilità da parte sua di far convergere gli elettori di Forza Italia sul suo progetto dopo la morte di Silvio Berlusconi, questa è l’unica mossa che gli resta per alimentare il suo sogno di creare un partito liberale e centrista che possa essere l’ago della bilancia nel Governo del Paese, come fu la Democrazia Cristiana fino agli anni novanta.

Ma che ne sanno Marattin, Meloni, Salvini di strategia politica? Potrebbe essere la volta che con un misero 2% il tanto bistrattato Renzi, possa sconfiggere una maggioranza pseudo fascista che, solo qualche mese fa, sembrava potesse governare indisturbata per decenni. Se così fosse, molti italiani sarebbero costretti e ringraziarlo, cosa che non hanno fatto ai tempi del Papetee e di Draghi. Ma questa volta sarebbe davvero un’impresa ai limiti dell’incredibile e diventerebbe impossibile non apprezzarla.

 

 

(19 agosto 2024)

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