L’inguardabile video di Salvini, inguardabile per quello che suggerisce e non dice, vera e propria presa di Stato sulla comunicazione Rai, mandato in onda quasi integralmente dall’asservita direzione aziendale, è solo l’ultimo esempio di ciò questi sono e di dove vogliono arrivare. Non abbiamo nessun interesse a che un ministro della Repubblica venga condannato a sei anni: non ce l’ha il paese, non ce l’hanno i cittadini, non ce l’ha il Governo. Nessuno vuole che un ministro venga condannato gratis. Ciò che si vuole è che la politica non manipoli la realtà a proprio uso e consumo. Dicasi, per cazzi suoi.
Così, a dimostrazione di come a questa classe dirigente che sta lì da quarant’anni a dare la colpa agli altri (generalmente a una sinistra mai identificata con chiarezza, perché una volta si chiama Draghi, una volta Schlein, una volta Renzi, una volta Boccia, tutto secondo convenienza del momento) voglia continuare a stare dove sta al grido di cambiare tutto perché nulla cambi, la prima mossa di Salvini dopo l’inguardabile video è stato rimandare il congresso della Lega. Si chiamano bunker, ma li chiamano opportunità.
Solita sequenza di endorsement: da quello di Meloni (“Inopportuna”, ha detto Schlein, a quello di Elon Musk – e oggi lasceremo X, è ormai una necessità), ma la questione non cambia. la richiesta dei PM di Palermo è di sei anni. La risposta di Salvini è lo slogan populista che ci si poteva aspettare.
“Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per aver difeso i confini del proprio Paese. L’articolo 52 della Costituzione italiana recita che la difesa della patria è un sacro dovere del cittadino. Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani, mi dichiaro colpevole di aver mantenuto la parola data”.
Lui la chiama difesa della patria, meno difendibile quando spariscono 49 milioni di euro, soldi della patria, che “sono statti spesi”. La sua è solo un’opinione, ma la rai la manda in onda quasi integralmente. Dopo i 18 minuti di autodifesa di Sangiuliano siamo all’ennesima cronaca di regime. E Meloni approva. Punto e a capo.
Di Salvini tocca così occuparsi mentre i soldi in cassa finiscono e non c’è più tempo né per le scuse, né per le panzane di stato, né per le accuse agli altri, né per incolpare l’UE dopo che Giorgetti ha firmato tutto il firmabile del firmamento salvo poi chiedere tempo. Il governo ha finito la benzina che aveva messo in scorta con tutto ciò che ha raccontato in due campagne elettorali consecutivo dove ha raccontato le stesse cose, è stato creduto e votato, per poi non mantenere niente perché non c’è nulla che possa mantenere. Di Salvini tocca occuparsi mentre un governo la cui incapacità è sotto gli occhi di tutti costruisce cattedrali nel deserto albanese dove stipare migranti che in Italia non ci vogliono stare dopo accordi fantoccio con paesi come la Tunisia che coi soldi dell’UE con fidejussione italiana ha mandato l’esercito per le strade a picchiare i giovani tunisini che non hanno lavoro né pane.
Di Salvini tocca occuparsi mentre gli alleati politici della presidente del Consiglio oggi più che mai pro tempore lavorano per una sostituzione veloce mentre dicono il contrario e mentre la destra che ha sdoganato tutte le destre, anche quelle più becere che oggi si travestono da democratiche senza riuscirci, riunisce attorno a sé (per parlare “di economia”) alcune tra le teste pensanti più pesanti del paese – tra le poche pensanti rimaste.
Lui la chiama difesa della patria e tutte le Meloni miao. Cosa sapranno ancora inventarsi per non mollare la presa sull’Italia lo sa il cielo. Almeno fino a quando non negheranno l’esistenza del cielo, tacciandolo per un’invenzione dell’orrenda sinistra stalinista. La stessa che ha ordito il complotto contro Salvini: il salvatore della patria. La sua.
(15 settembre 2024)
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